Prendersi cura dei fragili per curare il pianeta: il primo giorno della International School on Migration affronta il tema della giustizia sociale

Venerdì 10 settembre si è tenuto il modulo inaugurale della International School on Migration 2021 dedicata agli aspetti sociali della transizione ecologica. L’evento, aperto da Andrea Marchesini Reggiani – direttore del comitato organizzativo, esperto di sostenibilità e presidente della cooperativa Lai-momo – ha visto la partecipazione di Elly Schlein, Vice Presidente della Regione Emilia-Romagna, un punto di riferimento per chi si occupa di diritti umani e della migrazione.

Quattro ospiti hanno partecipato a questa prima giornata, finalizzata a introdurre i temi della Scuola, con particolare attenzione ai rapporti Europa-Africa. La sessione mattutina dei lavori è stata moderata da Sören Bauer, direttore del think tank Revolve Circular [https://revolve.media/circular/], un’associazione austriaca che promuove l’economia circolare, con particolare attenzione all’Africa. Bauer ha presentato Grammenos Mastrojeni, Vicesegretario dell’Unione per il Mediterraneo [https://ufmsecretariat.org/], che ha parlato di migrazione e cambiamento climatico. Mastrojeni ha discusso soprattutto dei rapporti causali che collegano migrazioni umane e stress ambientale, spiegando che le crisi hanno impatti più violenti sulle zone socialmente fragili dove la sopravvivenza dipende in modo diretto dal mantenimento degli equilibri ambientali. Ha dunque enfatizzato la necessità di immaginare la transizione ecologica come un’operazione sistemica in cui la difesa dei diritti umani è una componente imprescindibile dei programma di sviluppo sostenibile. Il principio che “i muri non funzionano” – per citare Mastrojeni – è stato ripreso da Marta Foresti, direttrice del think tank ODI Human Mobility Initiative Europe [https://odi.org/] e seconda ospite della mattinata. Foresti ha spiegato che bisogna integrare sviluppo e migrazione attraverso policy di gestione adeguate alla situazione eccezionale in cui flussi consistenti di persone si muovono sulla spinta di fenomeni ambientali catastrofici. In particolare, Foresti ha portato l’esempio di alcune iniziative transcontinentali e pratiche di comunità lanciate da attori non governativi e da sindaci di singole città che sviluppano sul campo misure di resilienza e adattamento urbano. Interdipendenza, cooperazione, solidarietà e diritto a un’esistenza dignitosa sono state anche le parole chiave della sessione pomeridiana, moderata da Giovanni Bettini, docente del centro per le “International Development and Climate Politics” dell’Università di Lancaster. Gli speaker sono stati François Gemenne, direttore dell’Osservatorio Hugo sul Cambiamento Climatico e la Migrazione presso l’Università di Liegi [https://www.hugo.uliege.be/cms/c_4655083/en/hugo ], e Nisreen Elsaim, Coordinatrice del Gruppo di giovani consiglieri attivisti per il cambiamento climatico delle Nazioni Unite. Gemenne ed Elsaim hanno posto l’accento sull’impatto negativo delle narrazioni mainstream sui legami tra cambiamento climatico e migrazione sulla percezione della portata sistemica e globale del fenomeno. Ancora una volta, i loro interventi hanno fatto emergere l’importanza di pensare la transizione come ambientale e sociale allo stesso tempo, un impegno da attuare nel presente per garantire a tutti un domani più giusto, prospero e inclusivo.

Ogni intervento è stato seguito da un lungo dibattito che ha coinvolto la platea di partecipanti provenienti da diversi paesi europei e africani che si sono poi incontrati in forma virtuale anche sabato 11 settembre per partecipare alla prima sessione del programma di formazione sulla Valutazione di Impatto Sociale condotto da Ashoka Italia.